Banca della memoria



Una iniziativa di partecipazione


L’Associazione Pensionati ed Anziani – dando l’avvio alla rubrica LA BANCA DELLA MEMORIA – invita tutti gli iscritti e i simpatizzanti dell’Associazione, nonché gli occasionali lettori de “IL FOGLIETTO”, a spedire (o consegnare a mano nell’apposita cassetta) alla sede di Via dei Mercanti, sei righe dattiloscritte del proprio vissuto, lontano o vicino.
A titolo puramente indicativo, informa che le memorie possono riferirsi all’infanzia o alla giovinezza, o all’età adulta e matura, e il racconto del memorare potrebbe essere un gioco o un amore o un dolore, una notizia di cronaca, una persona, un incontro, uno scherzo, una guerra, una cerimonia, una malattia, una gioia,  una città, un viaggio, una perdita, una canzone, un ballo, un sentimento, un temporale, una paura, ecc... Può essere tutto quel che si vuole e che ci piace rendere pubblico tramite “IL FOGLIETTO”.
Il ricordo, affidato alla BANCA DELLA MEMORIA – PENSIONATI ED ANZIANI DI SONCINO, in busta chiusa o aperta (a piacere), dovrà essere firmato con nome e cognome e indicare l’età del partecipante.
Tutte le memorie che perverranno alla BANCA della MEMORIA verranno accolte e pubblicate su “ IL FOGLIETTO “ nella rubrica destinata allo scopo.
Le medesime verranno altresì conservate NELL’ARCHIVIO COMPUTERIZZATO DELLA  MEMORIA della nostra ASSOCIAZIONE e potrebbero entrare a far parte della MEMORIA GLOBALE. LA MEMORIA DEL MONDO.

SIAMO PARTECIPI!  SIATE PARTECIPI
Elide Zuccotti – Virginio Fusar Poli


ALLA BANCA DELLA MEMORIA – 1 / 2013
Una tradizione persa


La Pasqua è appena passata, ma il giorno della Vigilia quando eravamo tutti a tavola, mio marito ci ha raccontato di ricordare la mattina del Sabato Santo di 60 anni fa e forse più, quando venivano lucidate le catene dei camini.
Tutti i ragazzetti delle cascine e del paese che avevano in casa il camino con la catena per appendere il paiolo della polenta, uscivano in gruppi per le strade di campagna in terra battuta.  La catena era appesa ad una corda abbastanza lunga tanto che per tutta la sua lunghezza potesse strisciare sulla strada di terra e lucidarsi.
La corda ben imbottita di stracci, veniva passata su una spalla, tenuta con le mani.
E via di corsa ….Fin che la catena diventava lucida, sempre più lucida!
I ragazzi s’incontravano con gli amici e facevano dei tragitti anche abbastanza lunghi offrendosi anche ad altri lungo il cammino, dietro ricompensa per ogni catena lucidata.
Per i ragazzi era una gara, un divertimento per il paese partecipe , un’usanza attesa da tutti la mattina del Sabato Santo.


Peccato che anche questa tradizione sia scomparsa insieme a tante altre.
Chi ha ancora il paiolo appeso alla catena nel camino?

MARINA PALOMBI
( anni 86 )


ALLA BANCA DELLA MEMORIA – 2 / 2013
Pensieri di una volontaria


Sono una delle prime volontarie della domenica, da quando c’è il CENTRO ANZIANI e lo sono tuttora; sono stata assente quando ho avuto dispiaceri. Poi ho ripreso la domenica, ma non bastava una persona a fare il turno, quando le due sale erano stracolme di gente. Forse era l’euforia della novità…
Adesso la sala dei computer è occupata da chi frequenta i corsi informatici.
Ricordo che ogni tanto venivano dei dottori geriatri a parlare di intolleranze alimentari , spiegavano con parole semplici. Era un piacere ascoltare.
Adesso quel genere di incontri si svolgono in filanda, alla sera alle ore 21, quando un anziano non può andare, soprattutto se è solo e se non c’è nessuno che lo accompagna.
Io non mi sono mai messa in lista per il Consiglio e ho preferito fare solo la VOLONTARIA.
Sono stata in coppia con:
Angiolina Vignati
Gino Freschi
Stefano Pagani
Zina Maina
Gianni Pozzi

Adesso una persona VOLONTARIA basta, un po’perché alcuni sono passati a miglior vita.
Mi auguro che l’ASSOCIAZIONE duri nel tempo.

Settembre 2012 – GIUSEPPINA
(anni 84)




ALLA BANCA DELLA MEMORIA – 3 / 2013
CECILIA HA TROVATO FRA LE COSE DELLA MAMMA QUESTA COMMOVENTE PREGHIERA 


Mi esonerano da ogni responsabilità, non mi chiedono più pareri, sorridono dei miei consigli, mi lasciano sola in disparte perché altri prendano il mio posto.
Liberami, o Signore, dell’orgoglio dell’esperienza fatta e dal senso dell’indispensabilità.
I compiti. si avvicendano sotto la Tua Provvidenza; fa, o Signore, che il mio ottimismo, sia saper vivere in solitudine, in costante preghiera e offerta di tutta me stessa, anche nelle azioni più piccole.
Fa, o Signore, che tutto si trasformi in coraggio, saggezza e gioia nei responsabili di turno.


 La mia uscita dal campo d’azione sia semplice come un sereno tramonto; che io sappia sempre dirti grazie per quello che vorrai da me. Il mio sì.
Insegnami, o Signore, ad invecchiare e a prepararmi nel modo migliore al tuo giudizio così.

Biancarosa
(anni 97)




ALLA BANCA DELLA MEMORIA – 4 / 2013
Un vero Angelo


Il ricordo che mi piace raccontare è questo: era quasi l’ora del pranzo di un giorno d’estate. Io avevo otto anni e stavo guardando mia mamma che, seduta davanti al fuoco acceso del camino, rimestava la polenta.
Rimestava e piangeva. Si asciugava il sudore e piangeva.
Impaurita le chiesi: “Mamma, perché piangi?”-
Lei, indicando il paiolo dove c’era tanta acqua e solo un briciolo di farina gialla, mi disse che la polenta “non si faceva” perché non c’era abbastanza farina.
Mi misi a piangere anch’io e corsi in strada per dire a qualcuno del nostro dispiacere. Mi sentivo disperata.

Non incontrando nessuno, entrai in casa dei Losi, la famiglia che abitava di fronte alla mia casa, dove Angelo Losi, il facchino che lavorava alla stazione del treno, mi chiese: “Ma, Fissa, come mai tutte quelle lacrime? Cosa è successo?”
Tra i singhiozzi, gli raccontai che la mamma non avrebbe potuto fare la polenta, perché in casa non avevamo la farina. Non potevamo comprarla.

Angelo mi prese per mano e mi portò davanti alla madia, che conteneva un sacco colmo di farina. Ne prese tre palettate, fece un cartoccio e mi disse: “Su, corri da Rita e dì di cuocerla bene!”
Circa mezz’ora dopo, sul tagliere c’era la polenta, densa, fumante, dorata, pronta per essere affettata e mangiata.
“E’ stato un angelo a darmi la farina. Un vero angelo!”, ripeteva sommessamente la mamma.
Per un po’ di tempo ho continuato a credere che Angelo Losi fosse uno di quegli angeli che Madre Santina mi aveva insegnato all’asilo. Quelli del paradiso.
Stavo sulla porta di casa e aspettavo che l’angelo tornasse e che la mamma non piangesse più, mai più.

Crocefissa Mussini (detta FISSA)
(anni 79)


ALLA BANCA DELLA MEMORIA – 5 / 2013


Il 14 Luglio era il giorno di San Camillo. Il primo pensiero della giornata è stato per lui, CAMILLO TAVAZZI, perché era il giorno del suo onomastico.
Non ero di turno al Centro Anziani, così sono andata alla casa di riposo di Soncino, dove da poco questo caro amico è ospite.
Fino a qualche mese fa era un frequentatore giornaliero del Centro, poi l’età gli ha imposto delle rinunce, come succede a tutti.
Camillo è una persona molto conosciuta e stimata nel nostro paese.
Per questo suo onomastico, come suo solito fare, lui ha festeggiato con bibite e pasticcini, circondato dalle nipoti e da amici veri.
E’ stato un piacere vedere l’entusiasmo che aveva nell’offrire. Poi , con la signora Provezza si è cimentato in due giri di valzer.
Camillo non festeggia mai il compleanno. Non vuole far sapere quanti anni ha, ma io so che ne compirà 95.
Arrivare a questo traguardo, lucido di mente come lui, sarebbe un vero piacere, mi dico.
TANTI AUGURI, CAMILLO

Luglio 2013
PINA CANTONI
(anni 84)



ALLA BANCA DELLA MEMORIA – 6 / 2014


Per me il 25 Aprile sarebbe una data da dimenticare, ma non si può...
Ero una ragazza di appena sedici anni, abitavo in un piccolo paese di pochi abitanti, vicino a Soncino. Erano le sei del mattino e stavo andando a messa, quando in cortile mi vedo entrare un camion di soldati, Spaventata, mi sono messa a piangere. Uno di loro mi disse: “No, tu piangere, caput a noi”. Ho capito che erano tedeschi che speravano di poter tornare al loro paese.
Mia mamma e mio fratello erano ancora a letto, come pure la vicina, con le sue quattro bambine, mentre mio papà e il marito della vicina erano a lavorare.
Nel sentirmi piangere si sono svegliati tutti e hanno visto i soldati. Uno di loro era ferito. Era quello che dava gli ordini. Ha voluto un’arancia e si è messo a sedere nella cucina della mia vicina, mettendo la rivoltella sotto il cuscino della sedia. Tutti quei soldati avevano fame.
Mia mamma, con uno di loro, è andata alla stalla a prendere il latte e con il pane di casa di sono rifocillati, Poi hanno chiesto di sentire la radio per informarsi sulla situazione. Intanto un gruppo di uomini con il fazzoletto rosso al collo ha messo una mitragliatrice sul muretto laterale della cascina; dicevano di essere comunisti e volevano uccidere i tedeschi.
Nel frattempo arriva mio papà dal lavoro e, proprio lui, che era un convinto socialista, dice a quegli scalmanati: “Qui non sparate. Non vedete che ci sono due famiglie con bambini?! Inoltre c’è il pericolo della paglia e della legna, che potrebbero prendere fuoco. Sarebbe un macello. Io li accompagno fuori dalla cascina e dal paese”: Allora sono tutti corsi alla Provinciale, verso Soncino, invece lui li portò a Villacampagna e lì hanno incontrato la carovana che andava a Brescia, per tornare e casa. Sette di loro vennero uccisi sulla Provinciale, qui a Soncino. Ma seguì un vero e proprio massacro. Mi pare di ricordare che i morti furono una quarantina.
Erano ragazzi che andavano verso casa, sperando di ritrovare le loro mogli, i loro bambini, le mamme con i fratelli e le sorelle, le loro famiglie, insomma. Uccisi per che cosa??? Siamo tutti fratelli: italiani, francesi, tedeschi, inglesi, indiani, eccetera.
Spero che queste stragi non capitino più.
Più tardi ho saputo che mia mamma e la mia vicina erano incinte, perché la bambina della mia vicina è nata a ottobre e mio fratellino a novembre.

PINA CANTONI
anni 85


ALLA BANCA DELLA MEMORA – 7 / 2014
Sessant’anni di vita a Soncino


Il 19 marzo 1945, giorno di San Giuseppe, arrivai a Soncino con la mia famiglia: papà, mamma e due fratelli. Io avevo 25 anni, Claudio 20 e il piccolo Giancarlo, per gli amici Ciarli, ne aveva solo 9. Avevamo un piccolo bar in via Matteotti, di fronte alla drogheria Grossi. Eravamo molto uniti. Per i miei fratelli non ero solo la sorella maggiore, ma l’amica, la confidente. Mi raccontavano tutto, gioie e dispiaceri. Ci siamo abituati subito alla nuova residenza. Venivamo da un piccolo paese di poche centinaia di persone, quando tanti agricoltori lasciavano la terra per la città.
Qui c’erano l’ospedale, 2 farmacie, il palazzo comunale molto bello (ricordo che vi facevano anche i processi). Di fianco c’era l’ufficio Postale e in via IV Novembre la Caserma dei Carabinieri. C’era anche un piccolo teatro, un gioiello. Era la miniatura della Scala di Milano, situato in via Dante, dove ora c’è la biblioteca. Vi si organizzavano feste da ballo, delle operette. Le chiese stupende con i loro parroci: uno in Pieve, uno in San Giacomo, uno in San Pietro Martire e uno in San Pietro fuori le mura.
 E l’oratorio, sempre pieno di ragazzi, perché le ragazze andavano dalle Canossiane in via Antica Rocca e dalle suore di Santa Maria che avevano una casa anche in via Quinzani vicino alla casa della Beata Stefana. Lì si andava a giocare, a imparare a ricamare.
Era proprio un bel paese.
 La prima televisione l’ha comperata mio papà dal signor Lucato di Soncino e poi, col tempo, l’hanno messa a disposizione anche le trattorie perché la novità portava gente nei locali; anche la prima scuola guida è stata organizzata a casa mia, dal mio cugino di Trigolo che poi l’ha ceduta al Signor Livietti.
Per il telefono pubblico, al sabato e la domenica ricevevo e spedivo telegrammi.
Dispiaceri ne ho avuti tanti. Mio papà è morto a 84 anni, mia mamma a 90. Ha provato il dolore della morte precoce  della nuora e del figlio.
Quando nel 2000 è morto mio fratello Ciarli credevo di impazzire. Ero rimasta sola. Sono stati i bambini della mensa a darmi la voglia di andare avanti. con la loro spontaneità e vivacità. I bambini non deludono mai: è più quello che si riceve che quello che si dà.
Nel 2014 il Signore mi ha messo alla ancora alla prova. Una Prova difficile, che non auguro a nessuna donna.
Con la forza di volontà e tanta fede continuo la mia vita.

Agosto 2014
Pina Cantoni 
(anni 85)




ALLA BANCA DELLA MEMORIA – 8 / 2014
In ricordo della mia mamma Emilia


“Che domenica bestiale” Per dirla con le parole di un noto cantautore italiano. Mi par di dovervela proprio raccontare: altro che re, regine e principesse. Io e la mia mamma, con lo zio che faceva da autista, la domenica partivamo in pompa magna, abiti della festa compresi, alla volta di quel di Caravaggio. E durante il viaggio, la mia mamma, c’intratteneva con i suoi ricordi di gioventù e così faceva anche lo zio; tali ricordi spesso combaciavano dato che si trattava di esperienze riguardanti entrambi e quasi sempre di argomento strettamente familiare: il padre (cioè mio nonno) che tornava dal duro lavoro della miniera in Francia o in Germania, la dura vita a servizio in case dei “signori”, la vita altrettanto dura del lavoro agricolo di campagna, i ricordi della guerra passata che facevano avere loro un’aria quasi misteriosa, da sopravvissuti a un vero pericolo; cosicché quando arrivavamo a destinazione portavamo un’allegria contagiosa che perdurava durante l’arco della giornata. Verso sera lo zio faceva di nuovo l’autista a me e alla mia mamma: destinazione casa a Soncino, dove la mamma preparava una cena veloce poiché lo zio aveva sempre fretta. A volte era d’obbligo anche una visita cimiteriale dove la mamma recitava il rosario in latino. Ogni tanto la mamma e il papà, a giornata finita, guardavano la tv (io dopo carosello ero già coricata), ma il più delle volte rimaneva solo la mamma a guardarla, perché il papà era subito stanco, data la sua età piuttosto avanzata. Ogni tanto il papà indossava la sua mantella nera e si divertiva a farci paura con la storia dell’uomo nero; la mia mamma stava quasi sempre in grembiule e calzini corti di lana, anche in inverno e spesso mi domando, come potesse non sentire il rigore invernale, nonostante la casa sempre ben riscaldata. Non andavano mai neanche al cinema, che era stato l’unico loro lusso in viaggio di nozze. A proposito, non mi ricordo di avergli mai chiesto che film proiettavano! Qualche volta, io e la mia mamma andavamo insieme alla sagra, dopo la dipartita del mio papà e spesso al ritorno, nelle strade un po’ buie, cantavamo insieme qualche spensierata canzone per farci passare la paura.
A volte, sempre la domenica, la mia mamma si vestiva davvero bene!

Mariateresa Vagni
anni 52


ALLA BANCA DELLA MEMORIA – 9 / 2015
Eravamo giovani



Nel lontano 1945, appena finita la guerra, avevo 16 anni appena compiuti. Andavo in sartoria a scuola di taglio a CREMA in compagnia di un ragazzo di pochi anni più di me. Lui in sartoria maschile. Andavamo in bicicletta da Ticengo a Crema. A Romanengo ci sorpassava un signore di Soncino di nome Torriani, che andava a lavorare a Offanengo in una officina meccanica. Ci spronava: forza ragazzi, forza. Strada facendo non ti sorpassavano più di due o tre macchine al massimo, però dovevamo stare attenti ai trattori che attraversavano la provinciale per spostarsi da un campo all’altro. Arrivati a Crema il nostro punto di riferimento era il duomo. Al mattino una visita, poi Il ragazzo proseguiva diritto, mentre io giravo a destra; alla sera, il primo che arrivava aspettava l’altro; una visita in duomo e poi via, verso casa. Poi mi è venuta l’appendicite. Il dottore mi ha proibito la bicicletta, ma io volevo avere il mio diploma. Così partivo il lunedì mattina con la prima corriera e tornavo il sabato con l’ultima corsa. Ero ospite dalle suore. Quando ho avuto il mio diploma non sono più andata, ho incominciato a lavorare in casa. Eravamo giovani; avevamo tanta buona volontà. Adesso che sono vecchia, non ho più la forza né la volontà.


Soncino 2015
Cantoni Pina
anni 86

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